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Viaggio nella Cucina Partenopea
Il Cibo nell'Antica Pompei
Il Cibo nell'Antica Pompei
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Che cosa mangiavano i pompeiani è documentato dai reperti carbonizzati di cibo. La cultura alimentare di questo popolo di commercianti si arricchiva spesso di novità provenienti da altri paesi, soprattutto dal nord Africa e dall'Oriente. Fondamentalmente la cucina pompeiana era ricca di fibre, proteine vegetali e di minerali. Ciò derivava dal fatto che gli alimenti principali erano le verdure e la frutta. Il pane, prodotto in diversi panifici con annessi mulini con macine in pietra, era senza dubbio un alimento base. Il notevole uso di verdure, coltivate anche negli orti domestici, conferma il nomignolo di "mangiatori di erbe" dato da Plauto ai romani. Plinio il Vecchio classificò circa mille piante commestibili, molte delle quali esaltate per le virtù terapeutiche.

Famoso era un tipo di cavolo che si coltivava in zona, conosciuto anche a Roma come il cavolo di Pompei o anche "cavolfiore". Questo alimento era molto considerato dai romani, tant'è che Catone nel "De Agricultura" gli attribuì il primato tra le verdure. "Se a un banchetto volete bere molto e mangiare con appetito - raccomanda Catone - prendetelo crudo prima del pasto e fate altrettanto dopo, vi sembrerà di non aver ingerito nulla e potrete bere quanto volete". Negli orti della campagna pompeiana si coltivavano diversi tipi di lattuga, molto simili a quelli ancora in uso ed anche la cicoria, i broccoli di rapa, il basilico, le carote, il crescione e il porro. Quest'ultimo era collocato da Plinio al primo posto tra gli alimenti insieme alla cipolla e all'aglio. Questi erano ritenuti dalle classi più povere un companatico da accompagnare al pane e non solo un condimento. Una precisa indicazione di ciò che si produceva, e quindi si consumava a Pompei, è fornita dal ritrovamento di semi carbonizzati di melone, fave, piselli, ceci e lenticchie. Un altro alimento particolarmente diffuso erano le olive, che si coltivavano in zona, verso i monti Lattari e venivano conservate, come oggi, in salamoia o in aceto ed anche trasformate in olio. In alcune case di Pompei sono stati ritrovati resti di noci, nocciole e mandorle, conservate su scaffali, tra le scorte alimentari per la famiglia.

Nel florido mercato cittadino si trovavano diversi tipi di frutta fresca proveniente dalle campagne regionali, tra cui mele, melograni, cotogne, pere, uva, fichi e prugne. Negli ultimi anni di vita prima dell'eruzione cominciarono a diffondersi le colture di piante da frutta di importazione, quali ciliegio, albicocco e pesco. I pompeiani usavano sofisticati sistemi di conservazione sia per gli ortaggi che per la frutta. Nel primo caso le scorte invernali venivano create immergendo i prodotti in salamoia o in aceto, mentre per la frutta si provvedeva ad essiccarla e ad immergerla nel miele, molto diffuso, che era usato anche miscelato al vino. Rinomata la produzione di formaggi (caseus), anche affumicati, ricavati sia dal latte di pecora che di vacca.

 


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