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Di seguito riportiamo alcune ricette
tipiche della "Cucina Povera Napoletana", arricchite di curiosita', storia ed
aneddoti. Pasta
e fagioli Munnezzaglia
Si pongono i fagioli cannellini, che saranno stati gia molte ore a bagno, per
ammorbidirsi, in molta acqua, con aglio, del sedano a pezzi, del prezzemolo, de sale, dei
pomodorini tagliati. A mezza cottura si versa aggiunge la pasta Munnezzaglia
(la plebe napoletana usa questo tipo di pasta che e composta da frammenti di differenti
qualità di pasta e perciò più economica). Si condisce con una certa quantità di olio.
Ne viene fuori una minestra densa. Si aggiunge pepe nero macinato, e, nel piatto un
po dolio crudo. I vecchi popolani d una volta, solevano mangiare questa
minestra non con il cucchiaio ma usando al posto di questa posata delle sfoglie di grosse
cipolle secche che venivano, ovviamente, sgranocchiate insieme al loro contenuto
Pizze ogge
a otto
Pizze fritte dette in questo modo, perchè il meno abbiente popolo napoletano
di un tempo, le pagava otto giorni dopo averla mangiate. Un modesto piatto a credito di
gente di un tempo semplice e felice.
La Minestra
Mmaritata
Questa minestra era il classico « pignatto grasso » o minestra maritata. Fu
una delle tipiche pietanze dei nopoletani che la mangiavano quasi quotidianamente, tanto
da fargli meritare lappellativo di mangiafoglie, in seguito sostituito
da « mangiamaccheroni ». Quasi certamente essa e una derivazione dell« olia
podrida » spagnuola, uno minestra composta appunto da varie qualità di carni. La
pietanza fu apprezzata e lodata fin dal 500 da G. B. del Tufo; V. Corrado, nel «
Cuoco Galante » la chiama « potaggio di broccoli », Ippolito Cavalcanti la riporta tra
le sue ricette semplificando la preparazione. Comunque essa resta ancora uno tra i piatti
prediletti dei nostalgici buon gustai della tradizionale cucina partenopea. Perchè
maritata? si chiederà il nostro lettore. Proprio per un salsicciotto « sauciccione »
messo per intero tra le altre carni con le quali si maritava...
Curiosita'
Salvatore Rosa, il grande pittore napoletano del 600, racconta che la
minestra maritata, piatto da cantina, veniva divorata dal guerriero e dal cavaliere dopo
la battaglia, perché questa minestra era un piatto caldo che dava forza e coraggio, e la
stima per questo piatto era tale da farlo considerare una medicina contro catarri e mal di
testa.
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